Teatro

Il vortice vitale di E.M. attraverso la lente grottesca di Bob Wilson

Il vortice vitale di E.M. attraverso la lente grottesca di Bob Wilson

Pubblicato dallo scrittore ceco Karel Capec nel 1922, quasi in contemporanea con il suo più famoso romanzo, “La fabbrica dell’assoluto”,  “L’affare Makropulos” ne riprende il tema dell’utopia scientifica e dell’applicazione etica della stessa. È evidente la netta influenza del periodo storico, della profonda crisi dell’individuo e della sua fascinazione per le teorie psicoanalitiche e per la nuova medicina, che in questo dramma apparentemente dalle tinte cupe e cataclismatiche, vengono messe in discussione con grottesca malinconia. In Italia è memorabile la regia che il nostro Luca Ronconi nel 1993 diresse con protagonista una straordinaria Mariangela Melato, regia che lo stesso replicò, sempre nel ‘93, per la messinscena dell’omonima opera lirica che Leos Janacek trasse nel 1929 in cui il soprano Raina Kabaivanska diede ottima interpretazione non solo canora.
Potrebbe apparire, quindi, un controsenso che tanta complessità sia stata scelta dal Direttore Artistico Luca De Fusco per aprire la V edizione del Napoli Teatro Festival dedicata alla “leggerezza”, ma il regista Bob Wilson, nella sua personalissima e geniale trasposizione scenica, riesce a rendere impalpabile questo testo complesso, regalandoci momenti di godibilissima ironia, senza rinunciare al profondo significato etico-politico. Lo spettacolo si apre con una intelligente presentazione dei personaggi, tutti in abiti clowneschi, con evidenti riferimenti ai carillon praghesi, e come uscita da un carillon è la scenografia del primo atto che si compone con grande suggestione, impalpabile come lanterna di carta, sul palco inizialmente nudo, davanti al pubblico. La regia rimane sempre fedele allo stile inconfondibile di Wilson, tempi volutamente dilatati, movimenti lenti e cadenzati, grande presenza della musica, una partitura drammaturgica eseguita dal vivo da uno straordinario e funambolico terzetto, assolutamente autonoma dalla suddetta opera di Janeck, e, a parte qualche piccolo cedimento ritmico iniziale, tutto ciò regala brio e soavità ad uno spettacolo che ha il suo punto di forza in un cast eccellente,  quello della compagnia del Teatro Nazionale di Praga, capeggiato da una magnetica Sona Cervena, nei panni della ultra trecentenaria  E.M., ovvero Elina Makropulos e le molteplici identità da lei acquisite negli anni, dopo aver bevuto l’elisir di lunga vita realizzato dal padre, medico personale dell’imperatore : mentre gli altri personaggi-clown le ruotano attorno con i loro drammi resi vacui dalla sua prospettiva immortale, lei è lì, immobile, fredda e granitica ad osservare, dirigere il presente ed a ricomporre un passato assolutamente improbabile per gli altri.
Inutile sottolineare la perfetta riuscita nello spettacolo, soprattutto nella seconda parte, quella più intrigante anche dal punto di vista narrativo, fino ad arrivare ad un sottofinale in cui la morte di E.M. viene evocata dai simboli inequivocabili descritti dallo stesso Capec, con un’esplosione di allegra marcia funebre suonata dai suoi clown da carillon. Applausi e standing ovations salutano una prova eccellente di grande teatro e la scelta di aprire con un simile gioiello regala un’ottima inaugurazione a questa nuova edizione del festival.